PROGETTAZIONE INTEGRATA, UNA CHIMERA

La progettazione è complessa.
Tanto complessa che spesso richiede una multidisciplinarietà tale da richiedere la collaborazione di figure con competenze specifiche. Non v’è dubbio alcuno che una maggiore sinergia tra le diverse competenze specifiche risulta maggiormente efficace nella cosiddetta progettazione integrata. Una progettazione siffatta consente ai singoli professionisti di avvalersi delle competenze di molti, “fondendo” le diverse specificità per raggiungere il risultato in tempi ridotti e minori costi.
Nonostante ciò, è prassi, per progettazioni complesse, lavorare per “compartimenti stagni”: ogni professionista, con la specifica competenza, esegue, calcola, progetta, la parte che gli compete, senza confrontarsi con gli altri professionisti e, sovente, senza condividere le scelte.
Un modus operandi, seppur ancora valido ed in uso, certamente obsoleto e che presenta maggiori rischi e criticità rispetto alla progettazione integrata.

Non raramente la scelta del tipo di progettazione, o meglio, il tipo di interazione tra professionisti che lavorano su e per lo stesso progetto, è influenzata non tanto dai risultati e dai tempi che si vogliono raggiungere (il primo identico per tutti in linea di principio, il secondo funzione di tanti fattori) ma della variante in corso d’opera che, per lavori pubblici complessi e di una certa entità, consentono a tutti gli operatori di rivedere, per eccesso ovviamente, i computi, e, quindi, i guadagni.
La legislazione, sempre più complessa e in continuo aggiornamento, contempla espressamente varianti in corso d’opera giustificabili e giustificate persino dall’errore del professionista, con sanzioni specifiche, che, tuttavia, si cercano sempre di evitare per ovvie ragioni.
È indubbio, invece, il largo ricorso alla variante in corso d’opera, non sempre dettata da necessità reali, causata da “circostanze e condizioni impreviste e imprevedibili”, la cui autorizzazione deve comunque essere approvata dal RUP.

In certi casi il sospetto è che la scelta della progettazione a “compartimenti stagni”, in vece di quella integrata attraverso metodi di progettazione come ad esempio il BIM, sia dettata più da previsioni di varianti che da necessità organizzative oggettive. “Errori voluti”, quindi, costosissimi per la collettività nel caso dei lavori pubblici, ma decisamente remunerativi per imprese e progettisti.

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