REFERENDUM, SÌ ALLE TARIFFE MINIME

Prima dell’ottobre 2008 ogni prestazione intellettuale offerta da un professionista era sempre corrisposta da una parcella che veniva concordata da entrambe le parti in causa, ma che comunque aveva un valore minimo stabilito dagli ordini di appartenenza: le tariffe minime.

Questo cambiamento è stato introdotto da dal famigerato Decreto Bersani n. 223 del 4 luglio 2006. Tale decreto, contenente 41 articoli, mirava al rilancio dell’economia nazionale con disposizioni riguardanti l’ambito delle professioni, del commercio, dell’industria, delle assicurazioni e della telefonia. In particolare per quanto riguarda l’ambito delle professioni si è stabilito che venisse abrogata l’obbligatorietà delle tariffe fisse o minime e che sarebbe stato possibile pubblicizzare i propri titoli e specializzazioni.

La finalità del decreto era di garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunita’ europea ed assicurare l’osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato e delle Autorita’ di regolazione e vigilanza di settore, in relazione all’improcrastinabile esigenza di rafforzare la liberta’ di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell’economia e dell’occupazione, attraverso la liberalizzazione di attivita’ imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro.

Ad otto anni dalla sua entrata in vigore, l’impatto reale del decreto sul mercato del lavoro può considerarsi disastroso. Le ragioni di questo insuccesso sono molte, ben definite e circoscrivibili. Le categorie più colpite nell’ambito delle professioni sono gli avvocati e i tecnici dell’edilizia: architetti, geometri ed ingegneri.

La prestazione intellettuale si è ridotta ad una mera rincorsa al prezzo più basso e ne ha risentito soprattutto la qualità del lavoro a discapito del committente. La crisi economica ha peggiorato ulteriormente le dinamiche di sviluppo e ha generato una vorticosa chiusura delle partite iva, sia quelle false che vere.

Con l’abrogazione delle tariffe minime, il committente non ha la possibilità di comprendere l’importanza di un progetto, di un certificato o di una consulenza che un professionista svolge e nemmeno le responsabilità che questi lavori comportano per entrambi. La scelta di un tecnico non è basata sulle sue competenze, ma semplicemente sul costo che esso comporta. Quindi, la figura del tecnico ne esce notevolmente ridimensionata, riducendo il suo compito a quello di omino che fa il disegnino e mette una firmetta.

Fra le tante proteste che in questi anni si sono succedute, mai nessuna è stata davvero incisiva; sul web e sui social network molti colleghi hanno proposto iniziative per il ripristino delle tariffe minime accompagnate con misure complementari a tutela sia del committente che del professionista.

L’idea è quella di riflettere su una proposta di referendum che dia ai cittadini la possibilità di esprimersi liberamente su questi punti. Ogni argomento favorevole o contrario all’abrogazione del decreto Bersani verrà esposto e trattato dettagliatamente nei nostri prossimi articoli per chiarire e far comprendere soprattutto ai non addetti ai lavori che il professionista non è una spesa, ma un investimento.

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